In tutta Europa, circa 11.000 morti per inquinamento atmosferico in meno durante il lock down. La stima di questa riduzione è stata fatta da 2 ricercatori del CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air), una nuova agenzia indipendente che studia tendenze, cause, impatto sulla salute e soluzioni dell’inquinamento ambientale.
Come abbiamo già avuto modo di riportare l’inquinamento atmosferico ha subito una diminuzione a causa dello “stop” alla mobilità e alle attività economiche dovuto al Covid-19. Secondo lo studio del CREA, nel periodo delle restrizioni da Coronavirus, in Europa “la produzione di energia da carbone è diminuita del 37% e il consumo di petrolio di circa un terzo.”
Questo avrebbe portato, nell’ultimo mese, a un abbattimento di circa il 40% del livello medio di inquinamento da biossido di azoto (NO2) e del 10% del livello medio di inquinamento da particolato. L’Italia, per inciso, è il Paese europeo in cui l’inquinamento fa più vittime. Circa 80.000 all’anno secondo l’OMS (con maglia nera alla Lombardia)*, addirittura 91.000 secondo un rapporto della Fondazione Sviluppo Sostenibile del 2017**. La ricerca del CREA sostiene che:
«altri impatti evitati includono 1,3 milioni di giorni in meno di assenza dal lavoro, 6.000 nuovi casi di asma nei bambini e 1.900 visite al pronto soccorso a causa di attacchi di asma evitati e 600 nascite premature in meno(…)”.
Ciò che interessa (ancora una volta) sottolineare è che una riduzione dell’uso dei combustibili fossili porterebbe effetti largamente positivi sulla qualità della vita e sulla salute pubblica. Infatti i ricercatori evidenziano anche come
“(…) a causa dell’inquinamento atmosferico ci sono più persone che soffrono di condizioni pre-esistenti che li rendono vulnerabili alla malattia e più persone che necessitano di cure per qualsiasi altra cosa, dall’asma all’ictus e al diabete mentre il sistema (sanitario) è in sovraccarico.”
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Fonti: energyandcleanair.org | * Linkiesta.it 22/03/2019 | * * Repubblica.it 29/09/2017
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